QUADRO STORICO - POLITICO

 Questo modestissimo lavoro non vuole né può essere una rassegna sistematica ed una valutazione critica della nostra storia locale, ma intende limitarsi a presentare le origini storiche della nostra Parrocchia che 'si collocano nel periodo del pieno decadimento morale e politico, nell'acquiescenza al predominio spagnolo, nell'infiacchirsi dello spirito di libertà e di ricerca appena uscito da sotto la cappa della Riforma Cattolica.

Mancava in Italia e soprattutto al Mezzogiorno, ogni vita politica e sentimento nazionale, la libertà di pensiero era spenta, la cultura impoverita, mancava quell'entusiasmo morale creativo che genera nuove forme di vita e accresce le forze umane.

La Spagna, aveva avuto il merito di facilitare una nuova dislocazione delle classi sociali nel Mezzogiorno (abbassa­mento della nobiltà e formazione d'un medio ceto), dalla quale erano derivate quelle forze vitali, che, congiunte con quelle morali e religiose della nuova cultura, avrebbero portato alla rinascita settecentesca (Croce).

Il predominio politico del «partito » cattolico, quale campione di fede e forza organizzativa della religione agisce come mordente specifico nei quadro generale del Mezzogiorno impegnato alla soluzione dei problemi del potere baronale e delle comunità.

Al tema della valutazione del dominio spagnolo è rimasta la condanna antica di tutta la classe dirigente meridionale. La « pace e sicurezza », secondo il Croce, garantite dalla Spagna al Mezzogiorno erano state quelle dell'animale custodito nella stalla per essere munto e sgozzato »; baroni, clero, università formavano una classe dirigente che « era la peggio­re che si possa immaginare».

Tutta la società meridionale aveva la sua omogeneità, nella paura, che si fondava sulla sostanziale alleanza tra Spagna e baronaggio, sulla debolezza politica delle comunità, sulla presenza nel popolo di aspirazioni alla rivolta, sui limiti della ripresa culturale napoletana e sulla dura condanna alla borghesia agraria tendente ad una specie di baronia ideale e dei contadini incapaci di lottare il potere.

L'attenzione degli storici si rivolge, per questo periodo, alle funzioni amministrative e giurisdizionali del barone nei suo feudo con l'abolizione delle forme più gravi di sfrutta­mento del contadino e con essa la difesa degli usi civici. Il formarsi di contrasti insuperabili, tra le varie forze interessate alla lotta antifeudale, caratterizza la storia rurale del secolo XVIII.

La rivolta contadina del 1647-48 era riuscita a travolgere la resistenza baronale e, sia pure momentaneamente, a sottrarre intere province all'autorità del governo centrale. La rivolta cadeva nel periodo in cui l'antica figura del grande feudatario si andava trasformando in quella del feudatario «latifondista», che usava i privilegi della feudalità come una delle basi indispensabili della nuova forza economica.

Siamo giunti al periodo che abbraccia la cosiddetta età delle forme e della Rivoluzione francese, durante la quale, il governo istituzionale del regno di Napoli si afferma solo parzialmente e, dopo il 1734, si affermerà un nuovo spirito illuministico, che alimenterà il movimento riformatore e determinerà il sorgere di una coscienza di «libertà d'Italia » (Genovesi).

Non stupisce chi, come il Gramsci, avendo nel cuore soprattutto la rivoluzione sociale osservasse che lo stesso ri­formismo illuminato celava in sè la contraddizione  d'uno sviluppo che, per garantirsi, doveva rompere col potere provinciale, affinché le migliori energie morali di un popolo potessero farsi valere nel quadro internazionale.

L'avvento dei principi stranieri offre forza alle idee, che in Italia stanno aprendosi al nuovo e soprattutto si procede nell'Italia meridionale ad un'attività riformatrice che migliora situazioni economiche, promuove la formazione di nuove forze sociali e rappresenta in toro la premessa dello sforzo che è stato chiamato il « Risorgimento ».

La struttura economica e sociale dell'Italia del Risorgi­mento resta, nelle sue linee essenziali, allo stadio dell'economia agricola. Questo è il problema ereditato dall'Italia unita, per cui, stando così le cose, la « rivoluzione contadina» non solo non appariva attuabile ma nemmeno auspicabile.

Nel clima spirituale formatosi a conclusione del primo conflitto mondiale sotto l'impressione della catastrofe, il vecchio ordine politico e sociale, uscito dal Risorgimento, veniva posto sotto atto di accusa, chiamato responsabile di quello che veniva considerato il suo sbocco finale: il fascismo. L' erede del Risorgimento, l' 'Itialia Unita, parve contenere in sé, il germe della sua dissoluzione, che doveva condurre alla rovinosa esperienza fascista.

In sostanza il vizio d'origine dell'Italia unita consiste nella sua incapacità di dar vita ad uno stato moderno, con un effettivo regime di libertà, di democrazia, di progresso. Insufficienza, anzitutto di quello che è il « primo motore » di ogni democrazia, il sistema parlamentare.

Mentre la nuova Italia dei partiti di massa, reduce dalla grigia esperienza fascista e dal secondo sanguinoso conflitto mondiale, muove alla ricerca delle proprie origini, intanto sorge un movimento cattolico che, con la sua presenza sul terreno sociale, si pone in una posizione d'intransigenza per non abdicare alla politica dello stato, spinto da uno spirito di crociata per riconquistare i vari ceri della società italiana, senza accettare nessun compromesso e proponendosi, come scopo fondamentale, il recupero delle tradizionali posizioni d'influenza, con un'azione capillare di carattere assistenziale, educativo, sociale capace di denunciare l'insufficienza dello stato.

La nuova situazione, creata dalla guerra, favorì gli spontanei movimenti di massa come sentimento rivoluzionario col carattere saliente della Resistenza, che s'inserisce in un nuovo spirito europeo dopo l'« egocentrismo » fascista. La opera della chiesa da questo momento prosegue con un 'intensità lodevole attraverso le opere assistenziali, le congregazioni religiose, la cura delle anime, valorizzando impulsi molteplici sostenuti dalla teologia pastorale e dall'apologetica, intensi a rendere partecipi i fedeli e, «riducendo» la «pietà cristiana» nello spirito di Cristo, a rendere familiare l'idea della chiesa, quale corpo mistico di Cristo inserita pienamente nel contesto sociale odierno, con la partecipazione attiva e produttiva dei laici formati e impegnati nella nuova opera di evangelizzazione, per il risveglio etico delle coscienze degli insegnamenti del Vangelo.